Giacomo Matteotti: una delicata eredità

DI VALERIO MADDALON

Come ogni Paese, anche noi dobbiamo fare i conti con il nostro passato che non sempre risulta essere identico nella memoria collettiva.

Il 30 maggio scorso, a distanza di 100 anni, si è celebrato l’ultimo discorso tenuto alla Camera di Giacomo Matteotti nel 1924, anno in cui fu ucciso da un commando di fascisti agli ordini di Benito Mussolini.

Matteotti fin da giovane entra in contatto e si mette in mostra negli ambienti socialisti, dedicandosi poi completamente alla politica. Durante la Prima Guerra Mondiale si dimostrò un convinto sostenitore della neutralità italiana e le sue posizioni antimilitariste gli costarono tre anni di confino.

Venne eletto per la prima volta nel 1919, poi nel 1921 e 1924, soprannominato “tempesta” dai colleghi a causa del suo carattere battagliero e intransigente, non risparmiando, neppur in principio, critiche e attacchi contro le violenze perpetrate dalle squadracce durante le elezioni del 1921. L’anno dopo, nel 1922, fu espulso dal Partito Socialista insieme alla corrente riformista di Turati, andando a fondare il Partito Socialista Unitario di cui divenne segretario.

Nel suo ultimo discorso Matteotti denunciava apertamente le violenze e i brogli elettorali attuati dai fascisti. Pronunciò quelle parole cariche di sfida, ben conscio del pericolo, ma il senso del dovere verso l’istituzione che ricopriva fu più forte della paura. Così si rivolse a un suo collega appena terminato l’intervento, conoscendo già il suo destino: «Io, il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me».

Matteotti fu sequestrato e ucciso il 10 giugno seguente, ritenuto un pericoloso dissidente da far tacere una volta per tutte. Il suo corpo fu trovato solo il 16 agosto successivo.

Nel 1925, alla vigilia della promulgazione delle Leggi Fascistissime, Benito Mussolini tenne un discorso alla Camera in cui rivendicava tutte le angherie, violenze e soprusi che il Fascismo aveva commesso fino a quel momento, incluso lo stesso omicidio di Matteotti.

Sono passati esattamente cento anni da questo episodio che ha segnato la Storia dell’Italia e, nonostante questo, noto come alcuni esponenti della politica nazionale facciano fatica a prendere le distanze da un passato oscuro e malvagio, di cui Matteotti è stato il martire, che ha soltanto portato morte e distruzione. Vedo come lo spettro del fascismo continui a tormentare e minacciare le fondamenta della democrazia, propagandato e osteggiato fieramente da alcuni elementi all’interno del Parlamento stesso. Alcuni di essi, durante la celebrazione del 30 maggio alla Camera, interpretata dall’attore Alessandro Preziosi, seduto allo stesso scranno di Matteotti, hanno applaudito mestamente; altri riescono a monopolizzazione l’informazione attraverso censure oppure, temendo il dissenso, tendono a reprimerlo attraverso azioni e denunce.

Nuove riforme sono al centro del dibattito politico: una delle più recenti è stata la riforma della Giustizia, con la decisione di subordinare la magistratura, separando definitivamente le cariche e dividendo il Consiglio Superiore della Magistratura, mettendo in allarme lo stesso; ultima ma non meno importante, la riforma del “Premierato” da alcuni chiamata la “madre di tutte le riforme”, esaltata come la risoluzione all’instabilità politica: potrà apparire anche una svolta epocale della nostra Storia, tuttavia con uno sguardo più attento e critico ci si può accorgere di come i poteri del Parlamento e del Presidente della Repubblica, garante della Costituzione, vengano limitati dall’elezione diretta del Presidente del Consiglio. Utile sarebbe ricordare e tenere a mente che lo stesso Sandro Pertini si dichiarò apertamente contrario al presidenzialismo, figuriamoci ad un “Premierato”.

La nostra Costituzione si basa su dei principi, su dei valori, primo fra tutti l’antifascismo, la sua vera linfa vitale. Chiunque decida di servire la Repubblica, ricoprendo cariche Istituzionali, giura su di essa di difenderla e servirla. Il risultato, agli occhi di un giovane, è uno scenario pietoso, sconcertante, grottesco, ai limiti dell’assurdo proprio in virtù dei fatti prima rappresentati. La perdita di fiducia nelle Istituzioni è inevitabile, come è inevitabile il chiedersi come possa essere possibile e concesso a cento anni di distanza dal delitto Matteotti, a ridosso della nascita della Repubblica, dichiararsi fascisti, o peggio ancora, rimanere in sordo silenzio di assenso.

 

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