PETRA MAGONI è Don Giovanni a Lione

DI SERGIO MARIO ILLUMINATO

Con Wolfgang Amadeus Mozart e l’Orchestra di Piazza Vittorio per l’Accademia Filarmonica Romana

Una breve telefonata molto cordiale e poi abbiamo deciso di incontrarci all’Accademia Filarmonica Romana. Arrivo qualche minuto prima dell’orario fissato e ne approfitto per fare un giro nel parco antico che circonda una delle più rinomate istituzioni musicali romane e italiane. La Filarmonica, infatti, venne fondata, nel 1821 – con il riconoscimento ufficiale dello stato pontificio nel 1824 – sulla scia del grande fenomeno del “dilettantismo”; i giovani esponenti dei ceti alti ricevevano di solito una eccellente preparazione musicale, che mettevano poi in pratica coll’eseguire musica appunto “per diletto” nei propri salotti.

Avvicinandomi alla sala prove, infine, mi arriva come un Benvenuto proprio la voce di Petra Magoni che, in un canto corale con l’Orchestra di Piazza Vittorio, scandisce: libertà! Libertà! Libertà!
E’ una delle parti con cui quest’artista, prestando il proprio corpo incantevolmente androgino al personaggio del Don Giovanni nell’opera lirica in due atti, di Wolfgang Amadeus Mozart, dal 13 al 15 giugno prossimo, sarà in scena – per la regia musicale di Mario Tronco e la Regia di Andrea Renzi – al Grand théâtre del Festival di Lione.

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PETRA MAGONI. 44 anni sulla carta d’identità, 2 figli e un mondo di affetti familiari e tanti animali che le ruotano attorno in una grande casa, nella campagna pisana in cui vive.
Ha cominciato cantando in un coro a 11 anni, ma si racconta di un’esibizione già all’età di 1 anno. Studi al Conservatorio e a 20 anni a Sanremo, e poi vedersi nella classifica vendite, davanti a nomi enormi del jazz… oppure continuare a suonare davanti a migliaia di persone e avere sempre una standing ovation.
Ha inciso due dischi a proprio nome (Petra Magoni, 1996 e Mulini a vento, 1997), uno sotto lo pseudonimo Sweet Anima, uscito nel gennaio 2000, contenente le canzoni scritte in inglese da Lucio Battisti e, come Aromatic insieme a Giampaolo Antoni, l’album electro-pop Still Alive uscito nel novembre 2004.
Oggi costantemente in tournée in Italia e all’estero insieme a Ferruccio Spinetti, col quale nasce il progetto ‘‘Musica Nuda”, solo voce e contrabbasso. 11 dischi in attivo come MUSICA NUDA : dal 2003 all’ultima incisione “Leggera” con l’etichetta  Warner Music Italy.
«Se non cantassi – dice sempre – mi darei all’ippica». In effetti come driver vanta molti trofei aggiudicati negli ippodromi italiani più importanti. Ma è anche una grande appassionata di montagna. Che dire? Chapeau!

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Innanzitutto, qui, in questo spazio della Filarmonica romana, oggi sembra esserci davvero la giusta atmosfera. Ora sono tutti in pausa. Seguitemi: entriamo in un silenzio perfetto, come in una camera anecoica. L’unico segnale di vita che si percepisce arriva dal corpo magro, allenato e inossidabile dell’artista, che mi avvicina con un sorriso che sembra un sibilo del cuore.
Penso: Don Giovanni passa la vita a sedurre donne fino alla simulazione del pentimento davanti a Donna Elvira. Petra ha già sedotto me, come ha già sedotto il pubblico dell’Italia, di gran parte dell’Europa, fino a toccare l’America, e persino la Cina e il Giappone. 

5 domande a Petra Magoni per sé, la musica e l’arte. Con l’esperienza che hai maturato (anche) nella musica internazionale, ti chiedo: oggi è più importante quello che dici o come lo dici?

Si giusto, partiamo dal linguaggio. Per l’arte non basta che conti quello che dici. La parola è importante, ma è fondamentale come la dici.
Io in famiglia ho un papà pittore (Bruno Magoni) e direi che anch’io amo pitturare nella musica, così come nel quotidiano. C’è un modo di raccontare che è solo tu. Con il tuo modo di essere “persona” sul palcoscenico, così come nella vita. Però devi creare un rapporto uno a uno, sempre. Tu guardi e poi ti fai guardare negli occhi. Questa è la verità: il corpo della mia voce è legato a tutto il mio essere, alle scelte che ho fatto e alle persone che incontro. Non potrei mai per esempio, soprattutto dopo il concerto, mancare di ritrovarmi insieme al mio pubblico e ascoltare le loro vite e prendermi tutte le emozioni che ciascuno in quel momento ti dona. Con molti è proprio un rivedersi tra amici di lunga data, concerto dopo concerto, e raccontarsi come vanno le cose dall’ultima volta.

I tuoi concerti si reggono sulle spalle di una sola voce, la tua vita e il mondo intorno a te si regge sulle tue scelte. La tua voce trascinante e tagliente significa molto per te. Qual è stato il segreto per conquistarla?

Quasi sempre quando si accendono le luci della ribalta per così tanti anni è perché tutto è stato fatto seriamente. Sai quanta fatica c’è dietro alla leggerezza e al coinvolgimento che si crea in uno spettacolo? Quanto lavoro per far si che tra la mia voce acuta ed il suono grave del contrabbasso, tu riesca ad afferrare le sfumature? Spogliare le canzoni per fare ascoltare davvero anche negli spazi di silenzio tra le note? Non è solo un esercizio di tecnica di tutti i giorni, nel rapporto con la mia voce per prima trovo la dimensione della consapevolezza raggiunta, che scorre sugli stessi binari, nell’arte come nella vita. Poi, la differenza vera la fa la capacità di lasciarsi andare. Seguire l’istinto. Sapere chi sei. Ogni voce è diversa da qualsiasi altra. E il talento di ciascuno del tutto particolare va ricercato solo in se stessi. E’ molto importante che l’impulso che porta una persona ad agire nel campo musicale – ma sono sicura anche nelle altre arti – conservi una propria autonomia e non diventi schiavo di mode o modelli generalizzati, di tendenze prese a prestito da chi riscuote al momento successo. E il mio pensiero va a una grande personalità musicale: Fausto Mesolella (chitarrista degli Avion Travel), che ci ha lasciato recentemente. Non aggiungo parole.

Dai madrigali del 600, al jazz, passando al rock e al pop… per approdare all’isola MUSICA NUDA.
Mi verrebbe da dire un percorso dal rumore al silenzio…

Questo ti può far capire innanzitutto che esistono solo singole persone che hanno alle spalle storie diverse. Ognuno è singolo e – vedi per esempio – Musica Nuda nasce dall’incontro con Ferruccio. E rappresenta un cammino che riesce a valorizzare entrambe le identità. Un cammino che necessariamente deve farti guardare diversamente le cose. Ciò che amo sottolineare è che viviamo in un concentrato di rumore e spesso capita che anche la musica diventa “rumore che tenta di coprire altro rumore”. Chiaramente il nostro progetto, per essere apprezzato, ha bisogno invece di silenzio, perché non può essere musica di sottofondo, e anche molte sfumature che si ritrovano nel mio modo di cantare, o nel modo di suonare di Ferruccio, se non le segui, se non stai attento a quello che succede, verrebbero a perdersi, e non avrebbero senso. Il silenzio è importante anche per questo: dentro la nostra musica e intorno ad essa. Una volta entrati in questo mondo sonoro, non senti la mancanza di altro. E’ una questione di libertà! Se la conquisti anche le rinunce – che non sono indifferenti – acquistano un sapore diverso. Provare per credere.

Qual è il vantaggio di questa libertà? A cosa hai dovuto rinunciare?

La “libertà” è il più grande insegnamento che mi hanno dato i miei genitori. Ancora oggi spesso mi ricordano: senza libertà non si cambia mai niente. Penso che noi tutti, nel nostro percorso di vita professionale e dei sentimenti, abbiamo tante porte da aprire e la chiave giusta per aprirle dovrebbe essere senza dubbio la libertà. Ricordandoci però che il sentiero che essa dischiude ci impedirà quasi sicuramente di aprire tutte le altre porte chiuse e di battere tutti gli altri sentieri. Sembra un paradosso, ma la libertà è anche rinuncia. Perché scegliere la libertà significa a volte rinunciare a intraprendere strade più facili, più brevi… per dare alla luce un sorriso di consapevolezza e di soddisfazione sapessi quanta lotta si deve sostenere prima, e prima di tutti con se stessi. Ancora nel silenzio dove è possibile spendere parole che hanno valore.

Questo però dovrebbe essere un esercizio esistenziale dell’essere umano. Perché capire il proprio afflato verso la libertà, e assecondarlo, aiuta ad avere consapevolezza di sé. Così, molte coincidenze che a prima vista possono sembrare fortuite, non sono in realtà coincidenze, ma inviti alla consapevolezza. Ecco la sfida vera: invece di tagliarci fuori dal divenire quotidiano, essere protagonisti.  Restare concentrati, in ascolto di quel tesoro nascosto che profondamente ci fa essere unici e irrepetibili e che ci chiama a fare e ad essere quello per cui siamo venuti al mondo. Invece di assorbire le mode, la cultura vuota di senso e di segni, dobbiamo perdere il tempo, ristabilire – quando necessario – un intervallo tra sé e gli altri, per attraversare questo straordinario pianeta, assumendoci la responsabilità della nostra esistenza.

La prima cosa che fai appena ti svegli e l’ultima prima di addormentarti.

Un sorriso che rivolgo innanzitutto a me. Anche se ho dormito male. Anche se ci sono sempre problemi. Non voglio trascinare negatività più del dovuto. E poi, sono già tanto energica al risveglio: bisogna accudire i figlioli, i cani, i gatti, i cavalli… e sono loro che mi danno gioia. Mi rinforza il sorriso dentro, affacciarmi sul prato di casa e perdermi nel silenzio dei colori, dei profumi tutt’intorno. E da lì faccio colazione rispondendo a email, telefonate e social vari.
Alla fine della giornata arrivo sempre spietatamente densa di cose, visi, suoni, pensieri, progetti per il domani e mi basta un istante per precipitare nel sonno, ovunque io sia nel pianeta.

Finisce qui l’incontro. Deve tornare alle prove. Ma prima di scappare Petra mi fa infilare le cuffie dell’iphone per farmi ascoltare “Come si canta una domanda” dell’ultimo album di MUSICA NUDA Leggera. Quasi come per dirmi: ci sono ancora tante cose da raccontare.

E con gli occhi chiusi nel mentre gira la testa, scappa rapidamente al pianoforte. E’ un incanto ed io muovo lentamente i miei passi verso la strada. Non è un addio, lo sappiamo.
Oggi ho capito perché Petra è la condizione imprescindibile per questo Don Giovanni – ambientato in un arredamento alla moda degli anni ’20, come Cab Calloway cresciuto in una fantasia Cotton Club – che sta conducendo la sua orchestra e il suo destino, spinto da un impulso di libertà e di perdizione.
Dal canto mio al momento “prenderò tutto il tempo che serve. Dormirò sopra un letto di un fiume, sparirò tra le immense montagne. Dove tutto è vuoto, dove tutto è silenzio.”

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