IMMAGINI CHE NON CHIUDONO GLI OCCHI

DI SERGIO MARIO ILLUMINATO

Guardare il mondo oggi tra guerre, algoritmi e umanità

“Ogni fotografia è una ferita che guarda.” – Susan Sontag

ROMA. C’è una mostra che ogni anno ritorna come uno schiaffo. Non consola. Non decora. Ti sveglia.
La World Press Photo Exhibition 2025, inaugurata oggi al Palazzo delle Esposizioni, è di nuovo qui.
Non una sequenza di capolavori da ammirare. Ma un atlante visivo della sofferenza. Della resistenza. Della carne viva del mondo.

Anche quest’anno: guerre. Migrazioni. Bambini senza scuola. Donne spezzate.
Tutto torna. Come se nulla fosse mai cambiato.
Queste immagini non raccontano un mondo in trasformazione. Fissano l’immobilità del dolore.
Scatti diversi. Ferite identiche.

Viviamo nell’epoca della massima informazione.
Eppure sembra che sapere non basti più.
Vediamo tutto, ma non sentiamo più niente.
Il mondo brucia – e noi scorriamo.

Se queste immagini tornano ogni anno, simili, allora chi non cambia siamo noi.

E allora viene il sospetto.
Che l’informazione, da sola, non salvi.
Che la fotografia sia diventata rito laico del nostro impotente guardare.
Una cronaca che consola le coscienze. Ma non muove i corpi.

L’atto di guardare davvero

Eppure, ogni scatto è ancora un gesto di resistenza.
Ogni storia scelta, ogni volto mostrato, è un no al silenzio.
Un giornalista che resta, un fotografo che rischia, una redazione che pubblica.
Testimoniare è ancora un atto politico.
Non cambia il mondo.
Ma impedisce che si dimentichi.

Le foto non chiedono pietà.
Chiedono presenza.

  • Mahmoud Ajjour (9 anni), ferito durante un attacco israeliano a Gaza City nel marzo 2024…
  • Un giovane porta del cibo alla madre che vive nel villaggio di Manacapuru. Un tempo il villaggio era raggiungibile in barca, ma a causa della siccità, deve percorrere a piedi 2 chilometri lungo il letto asciutto del fiume Solimões per raggiungerla….
  • 463 kolbar sono stati uccisi o feriti nel Kurdistan iraniano tra il 2011 e il 2024…
    Loro non chiudono gli occhi. E noi?

L’IA non conosce il freddo

Viviamo in un tempo in cui tutto è visione: videocamere, droni, riconoscimenti facciali, algoritmi predittivi.
L’intelligenza artificiale ci promette controllo, precisione, efficienza.
Ci dice: “Vi capisco meglio di voi stessi.”
Ma non conosce la fame. Non sa che odore ha la paura.

Può riconoscere un volto. Ma non una lacrima.
Può imitare la parola “amore”. Ma non sa cosa significhi avere il cuore spezzato.

Ed è qui la frattura.
Perché mentre il mondo reale piange, l’IA calcola.
Due binari che non si incrociano.
Un mondo che soffre. Un mondo che computa.

La tecnologia, in teoria, dovrebbe aiutare.
Monitorare il clima. Prevedere crisi. Curare.
Ma nella realtà?
Sorveglia. Classifica. Licenzia. Controlla.
Alimenta diseguaglianze, non le cura.

La verità è che la tecnologia non è né buona né cattiva. Dipende da chi la guida.
Se la lasciamo nelle mani del profitto, sarà fredda.
Se la carichiamo di etica, può essere strumento.
Ma servono occhi umani.
Serve sentire. Serve soffrire insieme, almeno un po’.

La vulnerabilità è un superpotere

E allora torna la domanda: che senso ha costruire macchine “intelligenti” se non ci rendono più umani?

Guardare queste fotografie è un esercizio crudele.
Ma necessario.
Perché ci riporta al punto:
la vulnerabilità non è debolezza. È ciò che ci tiene vivi.
È ciò che ci unisce.
È ciò che le macchine non simuleranno mai.

La vulnerabilità è l’arte di restare aperti anche quando tutto invita a chiudersi.

Nel rumore di un mondo che corre, chi resta fragile è un sabotatore.
Chi si ferma a sentire è un rivoluzionario.
Chi guarda fino in fondo è già parte della cura.

Non voltarti. È anche casa tua questo mondo

Immagina di essere lì.
Davanti a un bambino con il corpo spezzato.
I suoi occhi non ti chiedono aiuto.
Ti guardano, e basta.
Ti ricorda che questo pezzo di mondo è anche tuo.

Queste immagini non sono solo “documenti”.
Sono domande etiche in forma visiva.
Ti obbligano a scegliere:
Vedere o ignorare?
Riconoscere o rimuovere?

In un’epoca dominata da intelligenze artificiali, scegliere di restare umani è un gesto radicale.

E forse è l’unico che ci resta.

WORLD PRESS PHOTO EXHIBITION 2025

Palazzo delle Esposizioni, Roma
📅 6 maggio – 8 giugno 2025

www.worldpressphoto.org
 
Mostra promossa da Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e Azienda Speciale Palaexpo

Prodotta e organizzata da Azienda Speciale Palaexpo, ideata da World Press Photo Foundation e realizzata con la collaborazione di 10b Photography

 

LE FOTO INCLUSE NELLA GALLERIA DELL’ESPOSIZIONE SONO STATE REALIZZATE DA ALESSANDRO SPITALE

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