ENNIO MORRICONE racconta gli anni ’90

DI ENNIO MORRICONE, musicista

Roma, il Cinema ed Io… (appunti di lavoro)  a  cura di Sergio Illuminato, edito nel 1993 dal Quotidiano Paese Sera. Interviste alle principali personalità del mondo del cinema che restituiscono uno spaccato della società degli anni ’90.

Roma la amo tantissimo e Cinecittà la conosco benissimo, fin da quando ero ragazzino. Ho fatto la comparsa perché non avevo una lira per vivere e ho suonato nell’orchestra quando c’era il cinefonico e lo studio di registrazione. Poi è arrivato il mio primo impegno come direttore d’orchestra per il film Barabba, la regia era di Mario Nascimbeni, stiamo parlando di tanti anni fa.

Vivere a Roma non credo influenzi in qualche modo la mia ispirazione, in qualsiasi luogo mi trovo a scrivere seguo l’idea che ho. Roma è considerata la città italiana del cinema, anche perché qui c’è Cinecittà e tutto quel mondo fatto di registi, attori, scrittori, tecnici ecc.…che fanno l’ambiente del cinema, io però non sono a contatto con queste persone, conosco pochissimi attori, forse perché non vado mai sul set, il compositore non ha necessità di andarci.

Sono un uomo del cinema solo perché scrivo musica per i film, non frequento l’ambiente per cui non so parlarne; posso però dire qualcosa a proposito del rapporto professionale che intercorre tra il regista ed il compositore che in sostanza non è mai cambiato, almeno per quanto mi riguarda.
Il regista generalmente chiede al compositore che sperimenti le proprie idee, ma in realtà non vorrebbe mai rischiare; l’autonomia di cui godo io è qualcosa che ho duramente conquistato nel corso del tempo e ormai mi capita di lavorare con dei registi che conosco, che amo, che mi stimano e che stimo; tornando alla prassi comune dopo il regista è la volta del produttore che scavalcando le intenzioni del regista stesso chiede sempre una musica facile facile, una musica che aiuti il film ad essere più commerciale, purché il risultato finale sia di più facile fruizione da parte del pubblico.

Da un po’ di tempo si affacciano al cinema i cosiddetti compositori “facili”, provenienti da altri ambienti musicali, e quindi la situazione per i compositori “seri” e di conseguenza per la qualità dei prodotti, si fa pesante e dolorosa. Questo succede perché tutti, il produttore e l’editore, tendono a risparmiare, il risparmio si ottiene facendo delle cose semplici, togliendo autonomia compositiva e anche una certa “morale” a questi musicisti “facili”, deboli perché sprovvisti della tecnica necessaria. I compositori bravi sono solo apparentemente i più difficili, proprio perché cercano cose più originali sono destinati a resistere nel tempo con miglior esito, mentre quelli che compongono conoscendo solo la musica di oggi, facendosela arrangiare da quelli che fanno i dischi di oggi che si ballano nelle balere e nelle discoteche, ecco questi ottengono un prodotto di moda e si sa che moda è sinonimo di già vecchio; quindi, il film vivrà pochissimo per merito della musica.

Comunque, la situazione è drammatica sia per i compositori seri che in quanto tali hanno pochissima possibilità di esprimersi, sia per quelli che fanno la musica facile perché non danno vita ad una vera e propria professione ma si muovono in una continua frustrarne precarietà, probabilmente sono talmente incoscienti ed amorali da non accorgersi di questa loro brutta condizione.

Agli inizi anch’io ho affrontato grandi difficoltà, non riuscivo a guadagnarmi da vivere con la musica colta, avevo le stesse difficoltà di quelli che oggi ci provano seriamente, io sono stato un po’ impaziente, ed ho cominciato a fare arrangiamenti, dischi, a lavorare per la Rai, il cinema è venuto a poco a poco, man mano che andavo avanti l’arrangiatore ha lasciato il posto al compositore in un processo avvenuto lentamente nel corso degli anni.

Per me il, cinema è una forma d’arte importantissima, di grande impatto popolare. La musica, il mio mezzo d’espressione, è l’unica arte che, come il cinema, vive di una stessa fondamentale componente: il tempo. Non si può ascoltare un brano musicale della durata di un’ora in due minuti, così come non si può vedere un film che dura un’ora in due minuti, queste due arti per esprimersi hanno bisogno del tempo ed il loro è uno sposalizio perfetto che si compie sul medesimo terreno d’espressione.

Un quadro lo si può guardare e stabilire se ci piace o no in pochi attimi, poi si può decidere di stare ad ammirarlo per tutto il tempo che si vuole. Con il cinema e la musica non è possibile, dobbiamo stare ad ammirarli, separatamente o insieme, per tutto il tempo che il regista o il compositore hanno voluto. Anche la televisione ha la sua componente temporale che bisogna rispettare per apprezzare o disprezzare quello che si sta vedendo, certo se si ha il vizio di cambiare trasmissione ogni dieci secondi della componente temporale non ci si accorge neppure.

I prodotti cinematografici italiani purtroppo sono legati ad una richiesta del pubblico che li vuole, forse perché ormai abituato se li aspetta solo così, facili, semplici; mentre poi ai film americani chiede prodotti di livello maggiore. Sono convinto che se il film “Lanterne rosse” fosse stato fatto, allo stesso livello da un regista italiano sarebbe stato un fiasco, mentre, privo anche di promozione è stato un buon successo.

Tra i giovani registi uno che sicuramente amo molto è Giuseppe Tornatore, ha fatto un film straordinario: “Nuovo Cinema Paradiso”; certo al cinema dovrei andare più spesso, ma preferisco non correre il rischio di vedere un brutto film, mi arrabbierei tantissimo.

Comunque, trovo che la differenza non si debba fare tra l’Italia e l’America, giovani e vecchi, ma tra bravi e meno bravi, tra poeti e non poeti, tra quelli che fanno film commerciali e quelli che fanno film artisticamente validi. Personalmente sono convinto che la strada giusta si trovi nel mezzo; fare un film per tutti che mantenga importanti valori universali nel senso artistico.

 

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