Tadao Ando: Naoshima

DI GIORGIA PANSECA

Se ne parla anche nel nostro recente articolo di ‘Un Giappone per due’ di Ivo Mej

Chiunque abbia per amico/a, compagno/a, genitore, parente, un architetto o architetta sa benissimo che andare in vacanza con questa categoria non è affatto cosa semplice e a volte cela segrete intenzioni (a tradimento).

Pertanto se sentite la parola Naoshima tra le mete proposte, non immaginate bagni di sole e spiagge bianchissime, frutti esotici e relax di fronte al mare del Giappone. Ebbene no, perchè dovete sapere che a Naoshima esiste non solo una quantità notevole di opere di architettura contemporanea declinate a spazi per l’arte e la cultura, ma una concentrazione nello stesso luogo di edifici progettati da Tadao Ando. Sì perchè in appena 14,22 kmq si ergono ben 5 complessi realizzati dall’architetto giapponese: il Benesse House Hotel, il Chichu Art Museum, il Lee Ufan Museum, l’Ando Museum, nonchè la Valley Gallery, i quali rappresentano solo una parte dei nove edifici progettati per il Benesse Art Site Naoshima, un progetto su larga scala che si sviluppa su varie isole del Giappone – Naoshima, Teshima, Inujima, Shodoshima e Megijima – iniziato addirittura nel 1985 e finanziato dal colosso giapponese Benesse.

E dunque, arrivati a Naoshima, ripensiamo subito a quello che contraddistingue l’opera architettonica di Tadao Ando e che è ben riassunta in alcune sue parole: <<A prima vista la mia architettura sembra esposta, come se avessi cercato di creare quel tipo di spazio astratto che risulta dall’eliminazione di tutti gli elementi funzionali e pratici. In realtà non lotto per uno spazio astratto ma per un archetipo dello spazio>>. Un mondo interiore tipicamente giapponese attraversato dalle tecnologie occidentali e governato da una spiccata componete geometrica.

Come scrive il critico di architettura Luigi Prestinenza Puglisi nel volume La Storia dell’architettura 1905-2008, <<Tadao Ando si contrappone al caleidoscopio delle immagini della nuova architettura e al caos metropolitano. Lo fa proponendo un minimalismo freddo ma intenso giocato sul contrasto tra natura, materia (di preferenza il calcestruzzo), luce che ricorda molto da vicino la poetica del silenzio di Louis Kahn. Da qui architetture poco accoglienti e abitabili in cui al confort subentra la contemplazione e in cui vengono messi in gioco, lasciandoli in un precario equilibrio, coppie di opposti quali il rapporto tra interno e esterno, tra astrazione e figurazione, tra parte e tutto, tra semplicità e complessità>>.

La lotta tra elementi opposti è insita nella ricerca di Ando e proviene direttamente dalla sua stessa vita, perchè come canta il motto dell’architetto, architecture resembles the architect (l’architettura somiglia all’architetto), ci racconta della sua prima carriera, quella di pugile professionista, abbandonata nel 1965 per dare inizio ad una serie di viaggi in giro per il mondo che lo porta, da autodidatta, ad aprire nel 1969 il suo primo studio di architettura e raggiungere nel 1995 il prestigioso Premio Pritzker (il premio Nobel per l’architettura).

Chichu Art Museum
Chichu Art Museum (fonte https://benesse-artsite.jp)

Di dettagli e spiegazioni delle opere di Tadao se ne trovano a centinaia nelle diverse ricerche sul web; ma se davvero volete scoprire lo spirito profondo delle sue architetture, Naoshima può essere una meta preziosa, nonostante la compagnia del vostro architetto o delle vostra architetta che di sicuro vi coinvolgerà in tour chilometrici in giro per l’isola. Ma, nel momento in cui entrerete in questi edifici, ricordate queste parole dell’architetto autodidatta e tutto vi apparirà più chiaro: <<A causa della condizione critica del nostro ambiente globale, la cultura si sta facendo sempre più varia e complessa, non ha più confini e sta conoscendo una diffusione senza precedenti. L’origine di questa situazione caotica può essere associata a un tema di enorme portata, come quello della sopravvivenza della razza umana. Sia come sia, rimane vero che gli artisti creano lavori che affrontano l’incertezza spostando il limite sempre un po’ più avanti. Gli architetti devono fare lo stesso, sfidando la paura dell’ignoto. La combinazione di arte e architettura può produrre spazi di profonda originalità e catturare nuovi tipi di libera espressione formale. All’interno di questa soglia, possiamo scoprire ideologie più proprie e rigorose di quanto non siano state le rivoluzioni del passato. In questo modo, le menti creative continueranno ad affrontare domande che non hanno risposta. I loro sforzi coraggiosi e il loro impegno sono la speranza del nostro mondo>>. (Domus 1061, ottobre 2021)

In copertina: Chichu Art Museum – fonte www.juliet-artmagazine.com%2Fil-chichu-art-museum-di-naoshima-un-museo-ideale

 

Chichu Art Museum (FONTE: https://benesse-artsite.jp)

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